Nel 1800 solo il 3 per cento della popolazione mondiale viveva nelle città, ma nel 2000 questa percentuale era salita a quasi il 50 per cento, e nel 2030 arriverà al 60 per cento.
Se a ciò aggiungiamo che questa impennata sarà ancora più evidente nelle nazioni con il più elevato incremento demografico, quindi in Africa e Asia, con conseguente aumento di ghetti, baraccopoli, periferie degradate, campi profughi, si giunge ad una sola conclusione: i combattimenti in ambiente urbano rischiano di diventare più frequenti di quelli in campo aperto.
Ciò significherà non solo un coinvolgimento diretto della popolazione civile, ma anche l’impiego di mezzi diversi da quelli delle armi, quali l’impatto di come tali conflitti saranno comunicati, dell’azione diplomatica, dell’intervento di organizzazioni non governative.
Il volume percorre i vari casi di episodi bellici condotti in ambiente urbano, partendo da Stalingrado per passare da Seul (1950) e Huè (1968), sino ad arrivare alla praticamente contemporanee battaglie di Groznyj in Cecenia, di Jenin in Palestina e Ramadi in Iraq.
Un percorso che evidenzia come le classiche tattiche militari attuate per il controllo di ambienti urbani sono solo parte di un più complesso intervento, fatto di relazioni con la popolazione, controllo del territorio, ripresa della normale vita “urbana”.
Disponibile presso la biblioteca del Centro Eirene.