L’autore, Nils Melzer, non è uno qualunque: dal 2016 al 2022 è stato relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura.
Incappa quasi per caso nell’odissea giudiziaria del leader di Wikileaks, Julian Assange: la prima reazione è infastidita, come è possibile ritenere che un tipo del genere, accusato di stupro da una delle più quotate democrazie planetarie, la Svezia, sia sottoposto a tortura?
Lo studio del caso, certosino e accurato, lo porta a cambiare radicalmente opinione e convincimenti.
Mils Melzer giunge alla conclusione che ben quattro governi (USA, Regno Unito, Svezia e Ecuador) per oltre dieci anni abbiano sottoposto Julian Assange a torture fisiche, mentali e psicologiche degne dei peggiori regimi autoritari, raccontando o costruendo castelli di pratiche basate sul falso e la mala fede.
La ragione di tutto ciò? Far capire a tutti i whistleblower (ovvero quei cittadini che denuncino le condotte illecite, o pericoli di cui sono venuti a conoscenza, all’organizzazione stessa, all’autorità giudiziaria o le rendano pubbliche attraverso i media o le associazioni ed enti) del futuro che rendere pubbliche le malefatte e le azioni illegali di uno stato può costare molto caro, sino a rimetterci la vita o la salute mentale.
Il tutto con buona pace della libertà di stampa e del diritto dell’opinione pubblica a essere informata.
Un testo appunto certosino e che, a un primo approccio, può sembrare eccessivamente documentato e “preciso”: un’ulteriore dimostrazione, da parte dell’autore, di come anche lui sia stato sottoposto a fortissime pressioni da parte di chi perseguitava e perseguita non tanto Julian Assange, ma tutti coloro che hanno il coraggio di essere onesti con sé stessi e il mondo.
Disponibile presso la biblioteca del Centro Eirene.