“Pezzo da otto!!”, una delle espressioni preferite del pappagallo Flint, inseparabile compagno di Long John Silver, uno dei principali personaggi de L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson.
Ma che cosa c’entra questo ricordo di letture infantili con la storia dell’economia?
A partire dalla metà del Cinquecento, una marea di argento proveniente dalle colonie americane, soprattutto Messico e Perù, prese a riversarsi sulla Spagna e poi sull’Europa.
Il metallo prezioso viaggiò incessantemente da Occidente verso Oriente in pagamento delle merci orientali appetite dagli europei, le quali compivano l’itinerario inverso. Dalla Turchia alla Persia, all’India, alla lontana Cina: fu una rozza e pesante moneta d’argento, il real de a ocho (i “pezzi da otto” del romanzo di Stevenson), a far funzionare il sistema di questo commercio su scala mondiale.
Lo stesso argento servì alla Spagna, che improvvisamente divenne potenza monetaria ma che continuava a essere debole come potenza economica e produttiva, per acquistare all’estero i beni richiesti sia dal mercato interno che da quello delle sue colonie d’oltremare.
Insomma, Il grosso e pesante monetone d’argento del valore di otto reales è stato per almeno due secoli la moneta per antonomasia, la moneta internazionale accettata da tutti, come più tardi lo sarà la sterlina e poi il dollaro.
Cipolla, con la sua insuperabile maestria, racconta come sia potuto accadere questo, prendendo le mosse dal consolidamento dell’impero coloniale spagnolo e dal precoce sfruttamento delle miniere d’argento americane, che assicurò alla Spagna una ricchezza immensa.
Si può dire che il viaggio attorno al mondo dell’argento americano è un’immagine pertinente per descrivere l’economia internazionale dell’età moderna.
Disponibile presso la biblioteca del Centro Eirene.