RECENSIONE: Eudaimonia. La via della virtù come senso dell’esistenza

Eudaimonia, dal greco εὐδαίμων ovvero “felice”, è la felicità intesa come scopo fondamentale della vita. Nel suo ultimo libro, Marco Mandrino, fondatore di una delle più grandi scuole di yoga italiane, si rivolge a coloro che vorrebbero prendere le distanze da tutto ciò che è superfluo, per dedicare la vita alla ricerca di Eudaimonia.

Il testo è diviso in quattro parti. Nella prima, l’autore prova a dare una definizione generale del termine. La seconda parte ha l’obiettivo di approfondire il concetto di identità, facendo riferimento alle diverse religioni, come il Cristianesimo e il Buddhismo, alle diverse correnti filosofiche, passando dal non-dualismo dell’Advaita Vedanta, dall’atomismo di Democrito e da Carl Jung, e all’idea di comunità. Nella terza parte, il lettore ha l’occasione di scoprire quali sono gli archetipi che lo accompagneranno durante il lungo viaggio verso Eudaimonia: il ribelle, l’asceta/sciamano e il barbaro. Infine, nella quarta parte, l’autore fornisce qualche suggerimento pratico che si basa sulla sua storia personale, spiega al lettore l’importanza della meditazione e dell’esercizio fisico come pratica quotidiana, dell’alimentazione, dell’adrenalina, e così via.

Per inseguire Eudaimonia, l’essere umano dovrebbe fare ritorno alle proprie origini, alla natura e alla caccia. In questo contesto, la violenza e l’aggressività sono considerate due caratteristiche innate dell’Homo Sapiens. L’autore consiglia di allenare il lato Yang presente in ognuno di noi attraverso gli sport da combattimento, come le arti marziali e la lotta, per non soffocare quell’aspetto del proprio essere che la società contemporanea vuole sopprimere.

Sebbene Marco Mandrino possa suonare talvolta provocatorio, è importante tenere a mente che il libro riflette le sue idee e la sua esperienza, il lettore può essere d’accordo o meno. L’obiettivo del testo è quello di fornire degli spunti di riflessione e una visione della realtà diversa da quella a cui siamo abituati.

Chi cerca Eudaimonia “si muove nel tentativo di raggiungere qualcosa di irraggiungibile che – paradossalmente – è sempre con lui”.

Disponibile presso la biblioteca del Centro Eirene.

RECENSIONE: La guerra è finita di David Almond

David Almond, pluripremiato autore britannico di libri per ragazzi, presenta al lettore l’Inghilterra del 1918 attraverso gli occhi del piccolo John, il cui padre è partito per combattere contro i tedeschi, mentre la madre lavora in una fabbrica di granate.

La Prima guerra mondiale è ormai agli sgoccioli ma il conflitto è entrato a tal punto nelle case delle persone da diventare parte di loro, come un morbo. La scuola di John organizza addirittura delle gite scolastiche presso la fabbrica di granate. Dagli insegnanti ai bambini, tutti promuovono l’utilità della guerra e l’odio verso il nemico.

In pochi sono immuni e ricordano come era la vita prima del conflitto. Tra questi c’è lo zio Gordon, un obiettore di coscienza considerato dai più un traditore della patria, che si nasconde nel bosco e ogni tanto tiene dei brevi discorsi in piazza sperando di risvegliare le coscienze.

John si lascia influenzare dallo zio Gordon e capisce che anche in Germania ci sono dei bambini come lui, che con la guerra non c’entrano nulla.

La sensibilità del piccolo protagonista offre al lettore diversi spunti di riflessione. Una volta che la guerra è finita, lo zio Gordon verrà accettato nuovamente dalla società? E che cosa ne sarà di tutte quelle granate che riempiono la fabbrica? È possibile lasciarsi alle spalle il trauma della guerra?

Disponibile presso la biblioteca del Centro Eirene.

RECENSIONE: La conta dei salvati di Anna Bravo

Scrivere di guerra è, soprattutto, raccontare il sangue versato, cercando le ragioni di tale scempio.

Ma nella storia delle guerre e dei conflitti armati vi è, anche, un altro racconto.

Persone e gruppi, come quei soldati della Grande Guerra, che concordavano tregue e momenti di sopravvivenza fra le trincee opposte.

Popoli, come quello danese, che misero in salvo i loro concittadini ebrei.

Semplici contadini, come tanti italiani, che nascosero e protessero migliaia di militari sbandati e di prigionieri di guerra.

Diplomazie e leader che hanno tramato la pace, non sempre la guerra.

Senza Mandela e Tutu non ci sarebbe stata una transizione pacifica in Sudafrica, senza King un così forte movimento per i diritti civili, senza il Dalai Lama una nonviolenza tibetana, senza Ibrahim Rugova una kosovara e, soprattutto, una nonviolenza tout court senza Gandhi.

La conta dei salvati  racconta questa storia, spesso dimenticata.

Una storia che non sempre ha avuto o è stata di successo, basti pensare alla situazione attuale del Kosovo e del Tibet.

O meglio, un successo, un obiettivo l’ha raggiunto: risparmiare sangue, da entrambi i lati delle parti in conflitto.

Disponibile presso la biblioteca del Centro Eirene.