RECENSIONE: Putin, l’ultimo zar. Da San Pietroburgo all’Ucraina di Nicolai Lilin

Molti conoscono Nicolai Lilin per la sua Trilogia siberiana, da cui è stato tratta la pellicola Educazione Siberiana.

In questo caso, con il suo tipico stile potente che ti cattura e che non ti lascia andare fino alla fine, Lilin indaga non solo la storia ma anche l’animo di Putin. Come in un romanzo ne racconta le origini, ne descrive le trasformazioni, ne ricorda i talenti che lo hanno portato a diventare il personaggio che conosciamo. Ma chi è davvero il nuovo zar di tutte le Russie?

Nicolai Lilin ricostruisce la vita, per certi versi sorprendente, e la folgorante ascesa politica di Vladimir Putin, da una misera casa popolare nel quartiere criminale di Leningrado alla poltrona presidenziale del Cremlino. Come in un romanzo ne racconta le origini, ne descrive le trasformazioni, ne ricorda i talenti che lo hanno portato a diventare il personaggio che conosciamo: temuto, amato, discusso e divisivo. Un ragazzo a cui la strada ha insegnato a essere spietato e ambizioso. Un giovane uomo affascinato dalle avventure delle spie sovietiche e che sogna di lavorare nel KGB. Un uomo che vive dal di dentro la carneficina politica degli anni di Eltzin e che il vecchio Boris chiama all’ultimo accanto a sé. Un presidente che, giunto al Cremlino, deve fare i conti con un Paese in ginocchio e un apparato amministrativo obsoleto e corrotto. Intanto, i terroristi islamici occupano una parte del Daghestan, proclamando il “califfato islamico del Caucaso”. Santificato o detestato, Putin è comunque oggetto di un culto della personalità che non ha eguali nel mondo contemporaneo. Ma chi è davvero il nuovo zar di tutte le Russie, che ha scatenato una guerra nel cuore dell’Europa?

Disponibile presso la biblioteca del Centro Eirene.

RECENSIONE: Ucraina/Russia: le radici di un conflitto di Paolo Vettori

Si tratta di un “instant book”, con lo scopo di fornire al lettore un quadro di riferimento storico, che possa aiutarlo a comprendere quale sia la “storia” del rapporto tra Ucraina e Russia.

Il volume è composto da alcuni agili e sintetici capitoli che ci accompagnano nelle vicende storiche dall’Ottocento a oggi: dalla nascita della coscienza nazionale ucraina sino alla annessione russa della Crimea e alla guerra nel Donbass.

Un’opera sicuramente utile per chi vuole costruirsi una serie di coordinate storico-politiche per meglio inquadrare il conflitto in corso.

Disponibile presso la biblioteca del Centro Eirene.

RECENSIONE: La disobbedienza consapevole di Ramin Jahanbegloo

Volete saperne di più sulla nonviolenza, ma non sapete da che parte cominciare? Prima di lanciarvi nella lettura delle opere complete di Gandhi vi consigliamo di leggervi questa opera.

L’autore, l’iraniano Ramin Jahanbegloo, vi prenderà per mano e vi condurrà in un percorso che vi farà conoscere la nascita del concetto di nonviolenza, da quella legata all’induismo e al buddismo sino alla “nonviolenza pragmatica” del XX secolo.

Scopo dell’opera è dimostrare come la nonviolenza non è l’opzione di un’élite intellettuale, ma un’alternativa pratica che inizia dalla quotidianità di ciascuno. Essa non può dunque essere confusa con la passività o con l’indifferenza poiché sposta il piano del confronto dalla prova di forza a quello della riflessione sui valori e sulla giustizia, imponendo una modifica radicale nel modo di pensare della società civile. La riflessione di questo libro si snoda su due livelli: uno è storico, attraverso l’interpretazione di alcuni avvenimenti a partire dalla prospettiva nonviolenta, l’altro è filosofico-politico, sia attraverso il confronto con la tradizione occidentale sia proponendo una concezione tipicamente orientale, in cui la dimensione spirituale dell’essere umano svolge un ruolo essenziale.

Disponibile presso la biblioteca del Centro Eirene.

RECENSIONE: 1942: l’arresto della Wehrmacht di Robert M. Citino

Il presente volume costituisce il primo di una serie di quattro (tutti disponibili presso la Biblioteca Eirene) in cui l’autore analizza non solo il “modo di fare la guerra” della Wehrmacht hitleriana, ma soprattutto le sue radici storiche e forsanche filosofiche.

Il 1942 determina la svolta del secondo conflitto mondiale. Dopo l’entrata in guerra del Giappone, e conseguentemente degli USA, il primo semestre di questo anno vede l’esercito tedesco inanellare una serie di vittorie spettacolari: Kerch, Kharkov, Gazala, Sebastopoli.

Le prime tre avvengono nel mese di maggio, a una settimana di distanza l’una dall’altra, mentre a giugno si assiste alla presa della città della Crimea.

Tuttavia, sono sufficienti pochi mesi e, tra l’ottobre e il dicembre dello stesso anno, la Wehrmacht subisce le disastrose sconfitte di El Alamein e di Stalingrado.

La fine del 1942 sancisce sostanzialmente la sconfitta di un modo di fare e di intendere la guerra “prussiano-tedesco”, sviluppatosi e teorizzato da Federico il Grande in poi.

Termina il periodo dove la guerra è una “arte”, affidata alle mani e alla mente di comandanti dotati di grande autonomia, dove il motto era quello del generale prussiano Seydlitz,  il quale, disobbedendo a un ordine, esclamò: “Dite al re che, dopo la battaglia, la mia testa è a sua disposizione, ma nel frattempo spero che mi dia il permesso di usarla al suo servizio”.

Le sconfitte di El Alamein e di Stalingrado dimostrano che un certo tipo di “storia” è finito: la radio impone il comando “politico” agli ufficiali in campo, il modo industriale, sovietico e anglo-statunitense, sommergono la genialità del singolo ufficiale con l’inesauribile quantità di materiali e di uomini.

Nonostante ciò, la Wehrmacht, nei successivi diciotto mesi, sarà ancora un avversario forte delle sue tradizioni: un avversario temibile, ma volutamente ignaro di aver fatto il suo tempo.

Disponibile presso la biblioteca del Centro Eirene.