Esercitare lo spirito critico non è facile, soprattutto quando l’oggetto di tale pratica mentale deve essere effettuato su una guerra in corso e in cui, volenti o nolenti, il nostro Paese è coinvolto.
Una metodologia può essere quella di leggere testi che, da angolature e prospettive diverse, affrontano la questione, ovvero la guerra in Ucraina: in tutto stiamo parlando di tre opere, per complessive 450 pagine.
Iniziamo con l’opera di Luigi Chiapperini, generale di corpo d’armata dei lagunari, con alle spalle comandi quali quello del contingente italiano in Kosovo (2001), in Libano (2006) e del contingente multinazionale NATO in Afghanistan nel 2012-2013.
Un’opera agile, pubblicata nel giugno 2022 ma che nella sua lucida e disincantata analisi mantiene una freschezza e un’attualità che di questi tempi non è facile rintracciare.
Del resto il titolo del volume è in sé un programma: “Il conflitto in Ucraina. Una cosa troppo seria per certi generali ma specialmente per certi politici”.
Proseguiamo con Nicolai Lilin ed il suo Ucraina, la vera storia. Lilin è uno scrittore, qualcuno lo potrebbe definire un romanziere, ma di questi tempi val la pena di leggere cosa scrive sul conflitto ucraino, anche solo perché è un “russo” che non è mai stato tenero con il governo e le istituzioni della sua patria.
Nell’opera di Lilin il maggior pregio è quello di descrivere alcuni “lati nascosti” dell’Ucraina, tenuti in secondo piano (quando non nascosti sotto il tappeto) dalla propaganda di guerra in corso: dalla crisi sistemica del sistema industriale, alle istituzioni gravate dalla corruzione e dal malaffare, ai dubbi sulla costruzione della identità nazionale ucraina.
Con il volume Ucraina, critica della politica internazionale iniziamo ad avventurarci in un vero e proprio campo minato intellettuale, visto che l’autore è il contestato, molto contestato, Alessandro Orsini.
L’opera di Orsini può essere considerata una sorta di “memoria difensiva” di quanto ha detto e scritto sui media nazionali in questi mesi.
Una memoria che, per chi ha avuto la fortuna di seguire qualche corso universitario di sociologia, risulta abbastanza convincente: in fin dei conti Orsini non ha fatto altro che applicare al conflitto ucraino modelli di interpretazione insegnati da decenni e che si rifanno a Max Weber o Jürgen Habermas, tanto per fare due nomi di intellettuali che difficilmente possono essere definiti come putiniani.
Purtroppo, quando si è parte di un conflitto armato, l’analisi scientifica (se la sociologia può essere considerata una scienza) non sempre è ben accetta, in particolar modo quando propone ipotesi o letture della realtà non allineate.
Volumi disponibili presso la biblioteca del Centro Eirene.