RECENSIONE: Primo sangue di Amélie Nothomb

Questa biografia romanzata, vincitrice del Premio Strega Europeo 2022, è il centesimo volume pubblicato da Amélie Nothomb. Il titolo “Primo sangue”, in francese Premier sang, ha un doppio significato: innanzitutto, indica l’emofobia di cui soffre il protagonista; e, in secondo luogo, premier sang ricorda, da un punto di vista fonetico, l’espressione premier cent, letteralmente “il primo centinaio”.

Il romanzo è un omaggio al padre della scrittrice, morto di COVID nel 2020, che viene presentato in alcuni momenti chiave della sua vita: l’infanzia trascorsa dai nonni paterni, durante la guerra; l’incontro con la moglie, in età adolescenziale; la prima trasferta lavorativa in Congo, a Stanleyville, in qualità di console per conto del Ministero degli Esteri belga.

La vita del giovane Patrick Nothomb è influenzata dalla guerra, e di conseguenza dalla povertà, che il nonno paterno cerca di nascondere in tutti i modi pur di tenere alto il nome della famiglia, e dalla violenza, che il protagonista ripudia fino all’ultima pagina. Infatti, sin dalla tenera età, Patrick è un convinto nonviolento: decide di trovare il lato positivo anche nelle situazioni più spiacevoli, nonostante venga preso di mira dagli zii, suoi coetanei e descritti come dei piccoli selvaggi.

Con il passare del tempo, il suo animo nonviolento si fortifica sempre di più, tanto da spingerlo a trattare con i ribelli che lo hanno preso in ostaggio insieme all’intera Stanleyville: grazie all’uso della parola e al rifiuto della violenza riesce a salvare 1450 vite.

Disponibile presso la biblioteca del Centro Eirene.

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